Manuale del guerriero della luce: scrigno di tesori o fiaba moderna?
E se vi chiedessero un consiglio sul libro che può aprire il cuore, la mente e lo spirito? E se vi chiedessero un libro per la “svolta”? A me lo hanno chiesto ed ho risposto così.
Molto spesso, durante le sessioni di coaching, o anche durante semplici chiacchierate, capita di citare un libro, un autore, il suo pensiero e di condurre, l’altro interlocutore, alla curiosità verso il testo citato, fino anche all’acquisto. E poi, un nuovo scambio di opinioni…
Ancor di più durante il periodo appena concluso della cosiddetta emergenza. Gli incontri telefonici sono stati una fucina di idee e di scambio, anche di coaching.
C’è chi, del tempo libero, ha voluto farne un fattore di crescita e ben venga. Ha reso felice ne e se stesso.
Una di queste chiacchierate, in fase di conclusione, mi vede impegnata da una domanda, da una richiesta più precisamente: “Simona, consigliami un libro, voglio sapere di più. Sento che c’è tanto intorno a me, non capisco e vorrei sapere. Con quale lettura inizio?”
Wow! Che richiesta impegnativa!
Avere la responsabilità di dover suggerire la chiave giusta per l’apertura del magico scrigno di un’altra persona è tosta! Potreste sbagliare la chiave in relazione al suo” momento giusto” e fargli aprire un forziere così luminescente e ricco (lo è) da farlo indietreggiare e, addirittura, scoraggiare.
Sono rimasta a riflettere un attimo, ponevo domande, pur conoscendo l’altra persona, per vedere fino a che punto avremmo potuto spingerci, io con il consiglio, lei con la scoperta…
Ed è stato allora che sbam! come se si fosse spalancata una finestra mi è tornato in mente lui, un amico (i libri per me lo sono sempre) incontrato 20 anni fa. “Manuale del guerriero della luce” – Paulo Coelho – un insieme di racconti, brevi, semplici e ricchissimi.
Se è il tuo “momento giusto” ti apre un mondo, ti fa trovare un tesoro in un forziere. Se, viceversa, non è, ancora, il tuo momento giusto, è un insieme di belle fiabe.
Ritrovandolo nella mia memoria, e suggerendone la lettura, sono andata a rileggerlo anche io. E l’ho riscoperto, meravigliandomi della sua “modernità”, del suo essere oggi, per me, più chiaro che mai, del suo essere stato, probabilmente, un seme piantato tanto tempo fa nel mio cuore e oggi, germogliato.
Il Prologo del libro – Decido qui di riportare il suo prologo, se lo troverete sollecitante non dovete far altro che farvi guidare dal vostro istinto.
“Nella spiaggia a est del paese c’è un’isola sulla quale sorge un gigantesco tempio con tante campane,” disse la donna. Il bambino notò che lei indossava strani abiti e che un velo le copriva i capelli.
Non l’aveva mai vista prima. “Hai mai visto questo tempio?” gli domando lei.
“Vai fin laggiù e dimmi cosa ne pensi.”
Affascinato dalla bellezza della donna, il bambino si recò nel luogo indicato.
Si sedette sulla spiaggia e guardò l’orizzonte, ma non vide null’altro se non quello che era solito vedere: il cielo azzurro e l’oceano.
Deluso, si avviò verso un gruppo di case abitate da pescatori e domandò loro di un’isola con un tempio. “Sì, c’era, ma tanto tempo fa, quando qui vivevano i miei bisnonni,” disse un vecchio pescatore. “Poi ci fu un terremoto, è l’isola sprofondo nel mare. Eppure, anche se non possiamo più vedere l’isola, riusciamo ancora a sentire le campane del suo tempio, quando il mare le fa ondeggiare, laggiù sul fondo.”
Il bambino ritornò alla spiaggia, e aspettò di udire le campane. Vi passò tutto il pomeriggio, ma riuscì a sentire soltanto il rumore delle onde e le strida dei gabbiani. Quando giunse la sera, i suoi genitori andarono a prenderlo.
Il mattino dopo, il bambino tornò alla spiaggia. Non poteva credere che una donna così bella potesse raccontare delle bugie.
Se un giorno lei fosse tornata, avrebbe potuto dirle di non avere visto l’isola, ma di aver udito le campane del tempio, che rintoccavano per il movimento dell’acqua.
Così trascorsero alcuni mesi. La donna non tornò, e il ragazzino la dimenticò.
Adesso era intenzionato a scoprire le ricchezze e i tesori del tempio sommerso.
Se avesse udito le campane, avrebbe potuto localizzarlo e recuperare il tesoro nascosto.
Ormai non lo interessavano più né la scuola né la combriccola di amici.
Sì tramutò nel divertimento preferito degli altri bambini, che solevano dire: “lui non è più come noi. Preferisce starsene a guardare il mare, perché ha paura di perdere quando giochiamo.”
E, vedendo il bambino seduto in riva al mare, tutti ridevano. Benché non riuscisse a sentire le campane del tempio, il bambino apprendeva ogni giorno cose diverse.
Si accorse che, dopo aver ascoltato a lungo il rumore delle onde, lo sciabordio non lo distraeva più.
Passo qualche tempo, e si abituò anche alle strida dei gabbiani, al ronzio delle api, al vento che sibilava tra le palme.
Sei mesi dopo l’incontro con la donna, il bambino era ormai capace di non lasciarsi distrarre da nessun rumore. Ma le campane del tempio sommerso non le aveva ancora udite.
Alcuni pescatori andavano a parlare con lui, e insistevano. “Noi le abbiamo sentite!” Dicevano. Ma il ragazzino continuava a non sentirle.
Qualche tempo dopo, i pescatori cambiarono tono: “Sei troppo concentrato sul suono delle campane laggiù. Lascia perdere, e torna a giocare con i tuoi amici. Forse soltanto i pescatori riescono a sentirle.”
Dopo quasi un anno, il bambino si disse: “Forse hanno ragione loro. È meglio crescere, diventare pescatore e tornare tutte le mattine su questa spiaggia, perché ho cominciato ad amarla.” E pensò che: “forse è soltanto una leggenda. Con il terremoto le campane si sono spaccate e non rintoccheranno mai più.”
Quel pomeriggio decise di tornare a casa. Si avvicinò all’oceano, per congedarsi. Guardò ancora una volta lo spettacolo della natura, e allora, siccome non era più concentrato sulle campane, poté sorridere al canto dei gabbiani, a rumore del mare, al vento che sibilava tra le palme. Sentì in lontananza la voce dei suoi amici che giocavano, e si rallegrò al pensiero che ben presto sarebbe tornato ai giochi dell’infanzia.
Il bambino era contento. E, come soltanto un bambino sa fare, ringraziò di essere vivo.
Sapeva di non avere perduto il proprio tempo, poiché aveva appreso a contemplare e rispettare la natura.
A quel punto, sentendo il mare, i gabbiani, il vento, le foglie delle palme e le voci degli amici che giocavano, udì anche la prima campana. E un’altra. E poi un’altra ancora, finché tutte le campane del tempio sommerso rintoccarono, riempiendolo di gioia.
Anni dopo, ormai adulto, ritornò al paese e alla spiaggia dell’infanzia. Non voleva più recuperare alcun tesoro in fondo al mare: forse era stato solo un frutto della sua fantasia, forse non aveva mai udito le campane sommerse in quel lontano pomeriggio della sua infanzia. Decise comunque di passeggiare sulla spiaggia, per ascoltare il rumore del vento e le strida dei gabbiani. Fu profondamente sorpreso nel vedere, seduta sulla sabbia, la donna che gli aveva parlato dell’isola con il tempio. “Che cosa fai qui?” le domandò. “Aspettavo te,” rispose lei.
Lui notò che, sebbene fossero passati tanti anni, la donna aveva ancora lo stesso aspetto: il velo che le copriva i capelli non sembrava affatto sgualcito dal tempo.
Lei gli porse un quaderno azzurro, con le pagine bianche. “Scrivi: Un guerriero della luce presta attenzione agli occhi di un bambino. Perché quegli occhi sanno vedere il mondo senza amarezza. Quando desidera sapere se chi sta al suo fianco è degno di fiducia, cerca di vedere la maniera in cui lo guarda un bambino.”
“Che cos’è un guerriero della luce?”
“Credo che tu lo sappia,” rispose lei, sorridendo.
“È colui che è capace di comprendere il miracolo della vita, di lottare fino alla fine per qualcosa in cui crede, e di sentire allora le campane che il mare fa rintoccare nel suo letto.”
Lui non si era mai ritenuto un guerriero della luce.
La donna parve indovinare il suo pensiero: “Di questo sono capaci tutti. E nessuno ritiene di essere un guerriero della luce, benché in effetti lo sia.”
Lui guardò le pagine del quaderno. La donna sorrise di nuovo. “Scrivi,” disse lei infine.
Simona Letizia Ilardo
Simona Letizia Ilardo nasce a Enna, UmbilicusSiciliae, il 20 Maggio 1974...e qui termina il mio descrivermi in terza persona che fa tanto professionale, ma tanto distaccato. Persona più che personaggio, io sono in divenire…perché dove ero ieri non voglio essere domani. Amo la cultura in ogni sua forma ed espressione. La valigia pronta per me è sinonimo di felicità! Sono appassionata di diritto, l’ho studiato ed ho conseguito una laurea magistrale in Giurisprudenza; per me vale la locuzione latina che recita: “ubi societas, ibi ius” – dove vi è una società (civile) lì vi è il diritto. Sapere quali sono i nostri doveri civili ci insegna anche quali e quanti sono i nostri diritti, ci apre la mente alle nostre opportunità, ci insegna come salvaguardarli. La consulenza fiscale, tributaria e del lavoro sono il mio mestiere principale cui, con la passione che è nata negli anni, ho aggiunto la formazione in Comunicazione – Master Practitioner in Comunicazione PNL – e Coaching – sono "life e business coach". Il giornalismo e la scrittura il mio nuovo sogno. Le mie passioni in C: cultura, crescita, comunicazione, coaching, camminare… Donna Energia è uno dei miei progetti, uno dei progetti cui tengo di più. Credo moltissimo nel potenziale delle donne e credo che oggi sia arrivato il momento per poter trarre il meglio da quel potenziale per diventare la Donna che sentiamo di essere in noi: unica, completa, realizzata, felice.